I Cappuccini giunsero a Mestre nel 1612. All’epoca Mestre, con il suo porto, costituiva un passaggio obbligato per chi da Venezia era diretto verso Treviso e verso il Veneto settentrionale, e viceversa.
Il piccolo convento sorse abbastanza vicino al “Porto delle Barche” (oggi scomparso, rimasto nella toponomastica “Piazza Barche”), su un fondo messo a loro disposizione dalla confraternita di S. Maria dei Battuti. La chiesetta, dedicata a S. Carlo Borromeo (8 aprile 1619) appena canonizzato (1610), era decisamente piccola: misurava 17,25 metri per 8,25. Aveva una sola cappellina laterale sulla parete sinistra, un modestissimo presbiterio e, come sempre, un coro per i frati.
L’abitazione dei religiosi era molto umile: i corridoi, al primo e unico piano, misuravano circa un metro e mezzo di larghezza. Tutto rimase praticamente inalterato per tutto il Sei e il Settecento, cioè fino alla soppressione napoleonica (1810). Quando, nel 1939, i Cappuccini ritornarono a Mestre, trovarono la chiesetta malandata, ma dell’antico convento non era rimasto più nulla. Si accontentarono di accomodare alla meglio le costruzioni che erano sorte sul luogo. Il 28 marzo 1940 fu riaperto il nuovo convento con una solenne funzione, presieduta da Patriarca di Venezia
Dal 1962 al 1967 costruirono l’attuale chiesa (su disegno dell’arch. Giovanni Cerutti) e convento per due motivi: per sistemare la Curia e l’Archivio provinciale (trasferitisi qui, nel 1940, dal convento della Giudecca, Venezia), e per agevolare diverse attività religiose e sociali attivate nel dopoguerra, mentre la città cresceva a ritmi particolarmente veloci.
Tra l’altro, la chiesa dei Cappuccini di Mestre è ben conosciuta da numerose “penne nere” italiane (alpini). Al suo interno, infatti, conserva un’antica icona orientale, raffigurante la B. Vergine Addolorata, conosciuta come “Madonna del Don”. L’effige sacra venne recuperata, nell’inverno del 1942, in un’isba distrutta da un bombardamento nella cittadina di Belogorje, a pochi chilometri dal fronte posto sul fiume Don. La fece arrivare in Italia, poco prima della tragica ritirata di Russia, p. Policarpo Crosara OFMCap, cappellano alpino del Btg. “Tirano” (Divisione “Tridentina”).
Fra le attività sociali svolte a Mestre vanno ricordate la “Sesta Opera”, fondata per assistere le famiglie dei carcerati e gli ex-carcerati (esperienza sfociata nella Cooperativa “G. Olivotti”), e l’opera di assistenza religiosa ai ferrovieri del compartimento di Venezia. Sul versante culturale, per un certo periodo, lavorò alacremente il Cenacolo “S. Carlo” (concerti musicali, mostre di pittura…).
Nella ricorrenza del Giubileo del 2000, è stata costruita la nuova Penitenzieria, per la celebrazione del sacramento della riconciliazione, ed è stata rinnovata e ampliata la mensa “S. Antonio” per i poveri. Oggi, grazie al sostegno di volontari e francescani secolari, essa accoglie quotidianamente circa duecento persone disagiate, per lo più immigrati.
[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, pp. 36-37].
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