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Metodo e Stile

Nella missione è di capitale importanza saper ben articolare gli elementi essenziali, che sono:

◊ l’incontro e l’ascolto delle persone

◊ il dialogo

◊ l’annuncio

Nell’itinerario di preparazione alla missione è necessario educare e iniziare a questo metodo.

La predicazione-omelia-catechesi sia secondo lo stile francescano, semplice nel contenuto, vibrante nella comunicazione, non aggressiva, ma propositiva e tocchi il “cuore” delle persone con la carità.

Lo stile relazionale dei missionari deve essere sereno, cordiale, amichevole, ispirante fiducia. Si evangelizza come fraternità e con la vita.

[Fonte: Centro di Evangelizzazione Frati Minori Cappuccini di Portogruaro].

Contenuti della Missione Popolare

L’annuncio missionario propone il cuore del messaggio cristiano in forma narrativa, come racconto di una Persona – Gesù Cristo – e dell’Evento dell’umana salvezza.

Il cuore della rivelazione cristiana ha due parti inscindibili:

  1. Dio è Padre e ci ama; per la nostra salvezza ha donato il suo Figlio Gesù Cristo, che ci salva con la sua Incarnazione, Crocifissione e Risurrezione e ci comunica lo Spirito Santo, Principio di vita nuova ed eterna. Il dono di Dio lo riceviamo attraverso la Chiesa e nella Chiesa;
  2. La seconda parte del messaggio cristiano, complementare della prima, è la dimensione antropologica e morale e concerne la natura e le caratteristiche della “vita nuova secondo lo Spirito”.

Essa è essenzialmente sequela di Cristo, vita filiale e fraterna, ispirata dalla carità verso Dio e il prossimo. La vita nuova ha una essenziale dimensione ecclesiale. Per questo è necessaria la partecipazione attiva alla comunità ecclesiale rinnovata nel suo volto.

[Fonte: Centro di Evangelizzazione Frati Minori Cappuccini di Portogruaro].

Natura e obiettivi

1 – Le missioni al popolo sono una modalità specifica di annuncio straordinario della parola di Dio proclamata da evangelizzatori animati dalla forza dello Spirito e con mandato della Chiesa allo scopo di risvegliare e confermare la fede e di rivitalizzare la comunità cristiana.

2 – Le missioni al Popolo hanno una lunga e feconda tradizione. Da molti secoli esse hanno svolto un prezioso servizio al risveglio della fede e della vita cristiana, portando frutti di rinnovamento, conversione e fervore.

Esse rappresentano una forma e modalità specifica per realizzare l’essenziale vocazione della Chiesa a evangelizzare e operare un rinnovamento della vita di fede.

L’Esortazione Apostolica post-sinodale Catechesi tradendae rileva in proposito:

“Le missioni tradizionali, spesso abbandonate troppo in fretta, e che sono insostituibili per un rinnovamento periodico e vigoroso della vita cristiana, bisogna appunto riprenderle e rinnovarle» (n. 47).

E’ bene concepire la missione al popolo come un “evento straordinario” ma da innestarsi nella pastorale ordinaria per finalizzarla allo stile pastorale missionario.

3 – Nell’intraprendere la missione al popolo è anzitutto necessario focalizzare chiaramente gli obiettivi.

Primo obiettivo da proporsi è l’autoevangelizzazione dei “praticanti”; solo a questa condizione la comunità potrà divenire evangelizzatrice a modo di fermento. Dichiarava il card. Tettamanzi: Ci sono molti battezzati che vivono in modo assolutamente eguale ai non-battezzati. Questa è la crisi.

E il Vescovo F. Lambiasi, scrisse nella Lettera alla diocesi (Anagni-Alatri): Il guaio più serio della nostra cristianità non è che siamo pochi cristiani, è piuttosto che siamo poco cristiani.

Occorre inoltre studiare e approntare una strategia per avvicinare i “lontani” o non frequentanti. Il documento dei Vescovi, Comunicare il Vangelo, dichiara a proposito:
Pur non avendo rinnegato formalmente il loro battesimo, spesso non ne vivono la forza di trasformazione e di speranza e stanno ai margini della comunità ecclesiale. Sovente si tratta di persone di grande dignità, che portano in sé ferite inferte dalle circostanze della vita familiare, sociale e, in qualche caso dalle nostre stesse comunità, o più semplicemente sono cristiani abbandonati, verso i quali non si è stati capaci di mostrare ascolto, interesse, simpatia, condivisione (n. 57).

[Fonte: Centro di Evangelizzazione Frati Minori Cappuccini di Portogruaro].

PETIZIONE: SAN LEOPOLDO “PATRONO DEI MALATI DI TUMORE”

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Proposta per giovani dai 19 ai 35 anni.

ARCO – Provincia e arcidiocesi di Trento

Il convento fu fondato nel 1585 grazie all’interessamento dei Conti d’Arco, dinastia della zona, presso la chiesetta di S. Lorenzo in Monte. Accanto al convento fu costruita una chiesa, dedicata a San Lorenzo, consacrata il 25 marzo 1593.

Si ricorda in particolare l’anno pestilenziale del 1630, durante il quale sei frati sono morti assistendo gli appestati.

Nel 1734 il convento fu staccato dalla Provincia Veneta per formare con i conventi di Trento, Rovereto e Ala la Custodia generale di Trento.

Nel 1740 ad Arco si aprì il noviziato.

Il 31 maggio 1787, per decreto dell’imperatore Giuseppe II, il convento fu soppresso, ma fu abbandonato solo il 29 novembre dello stesso anno: è l’unico convento della Provincia a subire questa disavventura. Il 15 maggio 1794 il convento fu posto all’asta e acquistato dal sig. Francesco Muzzi e, in parte, dal conte Luigi d’Arco. Nel 1800 l’imperatore Francesco II ricostituì il convento e il sig. Muzzi restituì la sua parte; non così il conte d’Arco, che innalzò invece la palazzina sul monte.

Nel 1810 il convento venne soppresso un’altra volta assieme a tutti gli altri conventi della  Provincia da Napoleone: rinacque con gli altri nel 1815.

Nel 1842 si comprò la villetta costruita sul monte dal conte Luigi d’Arco: congiunta al convento con galleria, vi si collocò la biblioteca. Distrutta dal bombardamento nel 1916, ne rimane l’attuale nicchione.

Nel 1909 si ingrandì il convento con l’aggiunta dell’ala est.

Nel 1915 il convento fu evacuato per la prima guerra mondiale; a custodia vi rimase solo p. Fortunato Sommadossi. Il 29 maggio 1916 fu bombardato dai cannoni del monte Baldo: venne abbattuta l’ala meridionale del convento, sconquassata la chiesa e tutto il resto. Fu ricostruito dal Genio militare nel 1921.

Il convento di Arco fu sede di noviziato durante gli anni della Custodia tridentina e poi della Provincia mantovana. Lo ridivenne dopo la ricostruzione del 1921, quasi in continuità.

Nel gennaio del 1998 il Ministro provinciale, p. Modesto Sartori, con il suo Definitorio offrì al Ministro provinciale dei Frati Cappuccini di Venezia la possibilità di un noviziato comune nel convento di Arco, che nel frattempo era stato completamente ristrutturato e rinnovato. I Cappuccini veneti accettarono l’offerta, per cui nel settembre 1998 il convento di Arco ridiventò ancora una volta sede di noviziato, e questa volta sede di noviziato interprovinciale.

Dal settembre 2007, con lo spostamento del noviziato interprovinciale (delle Province di Venezia, Trento e Milano) a Lovere (Bg), la fraternità di Arco diventò fraternità di accoglienza e animazione per la Pastorale giovanile e vocazionale.

Per la sua ubicazione, povertà e semplicità, il convento si presta anche per incontri di preghiera, esercizi, esperienze di spiritualità e convegni.

[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, p. 25].

Contatti

V.le San Francesco, 3
38062 Arco (TN)
Tel. 0464 516184
Email: convento.arco@cappuccinitriveneto.it